[MaglaxWriters] – “Un’ultima volta ancora” di Valerio Zavaglia

UN'ULTIMA VOLTA ANCORA COPUn’ultima volta ancora

Valerio Zavaglia

Occhi marroni, capelli castani raccolti in una coda, labbra livide e screpolate. Il trucco nero colava lungo le guance, fin sopra gli zigomi.

Rabbia, dolore, dolore, rabbia. Pena.

Il pugno colpì forte, talmente forte da rompere il naso alla donna che aveva di fronte. L’unica cosa che spaccò fu il vetro davanti a lei, che cadde in tanti piccoli pezzi sulle mattonelle azzurre del pavimento. Il dolore le attraversò il braccio, partendo dalle nocche e arrivando fino alla spalla, come una potente scossa elettrica. La donna la osservava dai pochi pezzi di vetro ancora attaccati alla struttura in legno. Pezzi di vetro affilati, simili a lunghi coltelli che avrebbe volentieri afferrato per tagliarle la gola e vedere spegnersi a poco a poco quello sguardo pieno di disperazione, di pena.

Cadde a terra, bambola di pezza in mezzo ai pezzi di vetro. Tanti piccoli pezzi di vetro come lame lucenti. Schegge. Lo specchio in frantumi, come la sua stessa vita.

Dalla tasca del giaccone in pelle prese tutti i suoi averi. Una bustina, una siringa, un cucchiaio, del succo di limone e un accendino.

Gran bel misero bottino pensò. Un sorriso le increspò le labbra screpolate. Iniziò ad armeggiare, sentiva le dita gonfie e addormentate. Sciolse l’eroina nel cucchiaio e la tirò con la siringa fino a colmarla.

Una volta iniettata bastavano solo dieci secondi.

Si tolse il giaccone e lo lasciò a terra, insieme al resto dei suoi averi tranne la siringa, la siringa no, quella rimase nella sua mano tremante. Arrotolò la maglietta fin sopra il gomito, scoprendo un bianco braccio pieno di piccoli puntini rossi.

Una volta iniettata bastavano solo dieci secondi.

Infilò l’ago nella vena e – pian piano – si iniettò tutto il contenuto della siringa.

Uno…

Fissò le schegge di vetro davanti a lei e spalancò gli occhi.

Due…

Su quei pezzi di vetro correvano delle immagini.

Tre…

Una bambina con lunghi capelli castani e una manciata di efelidi correva su di un prato.

Quattro…

La stessa bambina davanti due lapidi.

Cinque…

Una ragazza sdraiata in un letto, il corpo avvinghiato a quello di un uomo. Sul comodino un posacenere stracolmo e un paio di siringhe.

Sei…

La ragazza è in un altro letto, un neonato tra le sue braccia.

Sette…

Il bambino piange, la ragazza è stesa sul letto. Dorme. Sul comodino una siringa vuota. Il bambino piange poi smette, risucchia l’aria una, due, tre volte. Gli occhi aperti a fissare il soffitto.

Otto…

La ragazza è seduta per terra sul marciapiede lercio. La gente che passa scuote la testa, alcuni gli lanciano monete di piccolo taglio.

Nove…

La siringa vuota ancora infilata nella vena. Vomito secco sulla maglietta. Gli occhi chiusi.

Dieci…

L’effetto dell’eroina viene accolto quasi con sollievo. Poggia la testa al muro e sorride. Tutto quello che aveva visto sui pezzi di vetro, tutte quelle immagini altro non erano che il film della sua vita. La bambina felice a cui vengono strappati i genitori, l’amore verso l’uomo sbagliato, il primo incontro con l’ero, il suo piccolo e dolce bambino morto perché lei dormiva strafatta a pochi centimetri da lui, il periodo passato in strada.

L’eroina corre veloce nelle sue vene, le raggiunge il cuore.

Ha ancora qualche istante per sé, per pensare a quella merda di vita. Tutti i dolori, le sofferenze passate. Ma ancora non riesce a dare la colpa a quella vita tanto odiata. La colpa è sua, sua solamente. Persone sbagliate e scelte sbagliate che l’hanno portata in quell’autogrill dimenticato da dio a spararsi altra merda in vena.

Per l’ultima volta.

Il suo cervello si dimentica di dare ordini al respiro, i polmoni rallentano i loro movimenti, l’ossigeno non arriva più agli organi.

Era ora pensò.

Cerca di succhiare aria, la stessa azione che aveva compiuto suo figlio prima di lei. Se ci riuscisse sorriderebbe. C’est la vie.

Il sistema cardio-vascolare collassa in mancanza d’ossigeno.

Sente la vita che l’abbandona.

Volge un ultimo sguardo a quelle schegge di vetro ai suoi piedi. Il suo bambino allunga le mani verso di lei.

Sto arrivando piccolo.